Cortile del pensiero

Nell’Ottocento il cortile era un’orto posto al di fuori della cinta daziaria del comune di Torino. Vicino alla chiesa dei frati Francescani viveva una piccola comunità artigiana riunita attorno alla Madonna degli Ordinati. Dal territorio circostante scendevano carri e carretti a portare gli ortaggi in città, mentre la cavalleria sabauda saliva verso la Venaria Reale.

Nel Novecento le spinte della bella époque coniugate alla competenza dei giardinieri trasformano alcuni orti in giardini ricchi di palme, magnolie, sempreverdi, con alberi da frutto. Torino allarga la sua cintura e comprende il nuovo borgo industriale della Madonna della Campagna con le nuove case lavorate in mattoni e paramano.

Le guerre successive distoglieranno l’attenzione dagli antichi progetti signorili. Sistemazioni posticce trasformeranno i luoghi verdi in rimessaggi e posti auto di grigio fuliggine cementificati ed asfaltati. La routine dei lavoratori di fabbrica richiedeva il rigore funzionale della pulizia e del decoro: alle antiche decorazioni scalfite dalle bombe venivano sovrapposte tinteggiature uniformi pulite per “la bella figura”.

Nella capitale dell’automobile si scatena la corsa all’oggetto, avere la vettura maggiormente rappresentativa diventa l’obiettivo di ogni famiglia italiana. Dagli anni cinquanta in poi il miracolo economico non facilita certo l’attenzione alla specificità, ma permette a ciascuno di avere perlomeno una casa decorosa, una vespa e la famiglia. Occorrerà avvicinarsi al nuovo secolo perché l’impegno e l’interesse venga spostato su ciascun soggetto: dove la differenza di ciascuno fa la ricchezza di tutti, dove la ricerca del recupero di materiali diventa una costante per accogliere ed arricchire il luogo fatto anche di atti di memoria dispersi nella storia.

Le pietre della Stura, la ricerca delle lose, dei sugheri, il ripristino delle decorazioni, le differenti tipologie dei mattoni, il trattamento dei ferri battuti a mano, la scelta dei colori dei vetri, la scoperta di decine e decine di piante e arbusti che un tempo erano famigliari al terreno ci ha messo in moto per individuare nel giardino un percorso di lavoro che ha indicato la vera ricchezza nel piacere di scambiare i pensieri in cortile sotto al Pergolato. E’ diventato importante pensare come il lavoro artigiano del falegname poteva essere recuperato, perlomeno fornirne il pensiero attraverso un qualche antico utensile, così ogni altro mestiere: dal cartaio al decoratore, dal libraio al giardiniere si tratta di imparare a giocare non con l’oggetto, ma con il pensiero del trattamento, dove allora giocare diventa quel colto aperto all’universo che non può più permettersi di essere legato al bene posseduto, e l’Arsenale è diventato un esempio.

Pergolato e Arsenale costituiscono i due spazi all’interno del Cortile del pensiero.

Cosa vuol dire che l’universo non permette al soggetto di rimanere legato al bene di possesso? Vuol dire che il bene viene dall’altro (AU) e non dal possesso del bene. Vuol dire che all’amore presupposto è necessario sostituire l’amore di scambio attraverso una cura. Vuol dire che il linguaggio è abitato da una infinità di teorie presupposte e se un individuo vuol star bene gli occorre organizzarsi per avere l’accortezza nel distinguere l’ordine giuridico del linguaggio, perlomeno nel porre in guardia l’altro: “bada come parli!”.

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